Noi diamo tanta importanza alla razionalità. Giusto. Ma quando selezioniamo i comportamenti da mettere in campo, il primo a scegliere è il nostro corpo. E la scelta non avviene fra alternative illimitate ma fra due opzioni che l’evoluzione ha selezionato nel corso dei millenni: difesa o connessione

Noi diamo tanta importanza alla razionalità. Giusto. Ma quando selezioniamo i comportamenti da mettere in campo, il primo a scegliere è il nostro corpo. E la scelta non avviene fra alternative illimitate ma fra due opzioni che l’evoluzione ha selezionato nel corso dei millenni: difesa o connessione. La difesa, opzione più antica, risponde all’imperativo biologico di sopravvivenza che ci spinge a cercare la sicurezza proteggendoci dagli altri attraverso comportamenti di lotta, fuga o immobilizzazione. L’altra opzione, molto più recente nella evoluzione, risponde all’imperativo biologico di connessione che ci spinge a creare la nostra sicurezza insieme agli altri. Qui vogliamo esplorare in ottica di convenienza le due opzioni che noi umani possediamo per natura. I nostri comportamenti sono selezionati dal Sistema nervoso autonomo (Sna), il radar dei segnali di pericolo e sicurezza che non è governato dalla razionalità ed è influenzato dalle esperienze pregresse. In pratica agiamo comportamenti di difesa o di connessione molto prima che il cervello abbia compreso la situazione.

Come siamo quando ci difendiamo? Teniamo sempre il focus sul pericolo (indipendentemente che la minaccia sia reale o presunta), consideriamo gli altri “nemici” e ci chiudiamo per proteggerci. Schiavi dell’impulso ad agire o rintanati perché ci sentiamo intrappolati, siamo meno lucidi. Smettiamo di ascoltarci e di parlarci. Scriviamo mail infuocate, non rispondiamo. Stiamo sempre al centro della scena o, al contrario, non ci facciamo trovare. Diciamo “è colpa sua” e “non è colpa mia”. Trasformiamo le riunioni in campi di battaglia o facciamo tappezzeria. Decidiamo d’impulso o procrastiniamo decisioni importanti. Erigiamo muri, diventiamo sempre più territoriali, invadiamo confini, siamo disposti ad alzare il livello di conflitto perché, pur di sentirci sicuri, niente ci basta… mors tua vita mea. Posto che ci sono situazioni in cui, davanti a un pericolo reale, seguire l’impulso di sopravvivenza ci salva, dobbiamo essere consapevoli che il ricorso costante a comportamenti di difesa alza la posta: sempre più lotta/fuga o isolamento. Il loop si auto alimenta perché, non sentendoci sicuri, non riusciamo a smettere ed esigiamo (reciprocamente) che sia l’altro a fare il primo passo. Come stiamo nel frattempo? Non bene. Anche perché possiamo trovarci circondati di rovine, metaforiche o reali. Certo, possiamo avere la soddisfazione di sfogarci, il gusto di infliggere al nemico colpi mortali, ma non possiamo mai rilassarci. Perché? Perché dobbiamo continuare a difenderci. E questo tiene in costante allerta il nostro Sna impedendogli di raggiungere lo stato neurale che ci fa sentire fisiologicamente sicuri. Per questo produciamo gerarchie difensive (di potere, di priorità, di valori, di relazione ecc.) che alimentano il loop. In sintesi, quando siamo ostaggi della sopravvivenza, il nostro potere gerarchico può aumentare ma la nostra governance si indebolisce.

L’evoluzione, però, ha selezionato più recentemente un’altra opzione: l’imperativo biologico di connessione. Se volete, sempre di sopravvivenza si tratta. Ma anziché cercarla “contro” gli altri, questa opzione ci apre agli altri – anche nei momenti più critici – spingendoci a co-creare soluzioni e opportunità che aumentino la sicurezza reciproca. Quando siamo in questo stato neurale, ci avviciniamo, parliamo, ci ascoltiamo, pensiamo insieme, andiamo subito al punto, guadagnando lucidità e visione d’insieme, creiamo soluzioni inedite, le sperimentiamo, usiamo il potere in maniera diversa… Perché? Perché quando i nostri Sna ricercano la condivisione di un’esperienza di sicurezza generano connessione, e noi sentiamo di appartenere ad un sistema più grande. Le sfide, le difficoltà e le minacce ci uniscono. Attenzione. Non è il paradiso dei sedati. Possiamo avere confronti schietti, litigare a muso duro, arrabbiarci… ma sempre curando la connessione perché le gerarchie che creiamo mettono in cima la mutua costruzione di sicurezza che ci consente di co-regolarci. Questo è l’unico stato neurale in cui stiamo bene. Le ricerche del neuroscienziato S. Porges dimostrano che le vie neurali della connessione e dell’ingaggio sociale sono le stesse che presidiano la nostra salute e il nostro benessere. A proposito: l’imperativo di connessione appare con i mammiferi. Possiamo stupirci? I mammiferi, per sopravvivere e prosperare, devono sfangarla insieme. Per questo veniamo al mondo già cablati per connetterci. Noi umani abbiamo fame di connessione. Vale per i singoli, le organizzazioni, i Paesi.

Difesa o connessione: su cosa ci conviene investire? Il nostro corpo conosce la risposta.

 

Marina Capizzi, autrice di Non morire di gerarchia, Franco Angeli