*L’immagine è “Art Buff” di Banksy
L’Intelligenza Artificiale non è solo un nuovo strumento tecnologico: sta riscrivendo le regole del lavoro e delle organizzazioni. E l’HR non può più limitarsi a una funzione di supporto. È chiamato a diventare architetto di un futuro in cui persone e IA collaborano in modo responsabile e creativo.
I CHRO (Chief Human Resources Officer) hanno davanti a sé un mandato chiaro: guidare il cambiamento culturale, accelerare l’apprendimento, ripensare i team e presidiare la governance. Non si tratta di un’aggiunta alle responsabilità esistenti, ma di una trasformazione strutturale. Il cuore del cambiamento si articola in quattro imperativi.
- Le attività core dell’HR saranno trasformate
Le responsabilità tradizionali dell’HR vengono potenziate in termini di velocità, precisione e scala.
- Recruiting: la GenAI può assistere in tutta la catena, dalla scrittura degli annunci all’analisi dei CV, fino alla comunicazione personalizzata con i candidati. LinkedIn segnala un risparmio del 20% del tempo per recruiter nelle prime fasi di selezione.
- Mobilità interna e pianificazione della forza lavoro: il World Economic Forum prevede che il 40% delle competenze cambierà entro il 2030. L’IA è in grado di suggerire percorsi di carriera e opportunità di sviluppo basati sui dati aziendali.
- Learning & Development: piattaforme come EdCast e Degreed personalizzano i percorsi formativi, mentre i copiloti IA forniscono supporto in tempo reale. Il risultato è un ecosistema di apprendimento dinamico e scalabile.
- Performance management: grazie all’analisi dei feedback e dei dati di collaborazione, l’IA anticipa segnali di burnout o disimpegno, favorendo valutazioni continue, oggettive e più umane.
- L’HR come abilitatore dell’IA in tutta l’organizzazione
Non basta trasformare l’HR dall’interno. Il suo impatto più grande sarà accompagnare l’adozione dell’IA in ogni funzione aziendale.
La ricerca mostra che l’IA aumenta la produttività individuale tra il 14 e il 35%, ma solo quando viene integrata con processi e formazione adeguata. L’assenza di training mirato è oggi uno dei principali ostacoli. Microsoft ha rilevato che il 75% dei knowledge worker usa la GenAI, ma il 60% non ha le competenze necessarie per farlo in modo efficace. Questo gap si amplia se si considera che il 79% dei leader si aspetta che i loro riporti sviluppino da soli le proprie skill. Qui l’HR deve intervenire con programmi di upskilling strutturati, in particolare per i leader. La formazione manageriale è infatti uno dei maggiori acceleratori di adozione.
Un altro punto critico è la paura dei lavoratori: il 52% non ammette di usare IA sul lavoro per timore di essere percepito come sostituibile. L’HR deve chiarire che l’IA non elimina ma amplifica il contributo umano. Le aziende che ottengono i migliori risultati sono quelle che progettano esplicitamente la complementarità tra persone e macchine.
- Cultura, competenze e forme del lavoro vengono ridefinite
Il passaggio cruciale è dall’organizzazione per ruoli statici a un modello dinamico basato sulle competenze. Il compito dell’HR sarà abbinare persone non più a posizioni, ma a problemi e progetti.
Le aziende evolveranno dagli organigrammi tradizionali ai “work chart”, team fluidi in cui agenti IA collaborano in tempo reale con le persone. I compiti routinari – raccolta dati, prime bozze, monitoraggio – verranno affidati all’IA, mentre alle persone resteranno giudizio, creatività e relazione. Questo modello richiede nuove metriche di performance. Come valutare una persona che delega metà del lavoro all’IA ma porta risultati superiori? Servono indicatori che riconoscano il valore delle configurazioni ibride.
La trasformazione è anche culturale. Manager e team devono imparare a lavorare con l’IA in un contesto di fiducia e Sicurezza Psicologica, dove sperimentare senza paura di fallire. L’HR ha inoltre il compito di garantire accesso inclusivo alle competenze digitali, evitando che l’IA amplifichi le disuguaglianze esistenti.
- L’HR al centro della governance dell’IA
La governance non è un tema astratto: riguarda decisioni concrete su come l’IA viene usata nelle persone processi che coinvolgono le persone, dalla selezione alla valutazione, dallo sviluppo alla gestione delle performance.
- Selezione e valutazione: studi recenti segnalano rischi di bias nei sistemi automatizzati, ad esempio penalizzando candidati per accento o contatto visivo. L’HR deve assicurarsi che gli strumenti siano testati e conformi agli standard etici.
- Trasparenza: assunti e candidati all’assunzione devono sapere quando e come l’IA interviene nei processi decisionali. Comunicazioni chiare e protocolli di consenso diventano imprescindibili.
- Accountability: chi è responsabile se l’IA prende decisioni sbagliate? E chi riceve il riconoscimento in caso di successo? L’HR deve garantire che sistemi di valutazione e incentivi riflettano la natura ibrida del lavoro umano-IA.
Da funzione ad architetto
L’IA non è semplicemente un’ondata di automazione: è una riconfigurazione profonda del lavoro, dei ruoli e delle regole del gioco. Per i CHRO è un’occasione storica: non solo guidare la trasformazione, ma ridefinire la rilevanza strategica dell’HR.
Le aziende che vinceranno non saranno quelle con gli algoritmi più sofisticati, ma quelle capaci di coltivare persone adattive, in grado di apprendere e collaborare con l’IA in modo consapevole. L’HR è la leva decisiva per rendere questo possibile, abilitando leader e team e radicando il cambiamento in uno scopo condiviso.
**La presente sintesi è stata realizzata con l’IA e rivista dai consulenti PRIMATE.
***A lungo abbiamo adottato un linguaggio inclusivo, usando anche la vocale schwa (ə). Diversi lettori ci hanno però segnalato che questo rendeva gli articoli meno scorrevoli, perciò abbiamo scelto di tornare a una forma al maschile per favorire la lettura. PRIMATE resta profondamente sensibile ai temi di Diversity, Equity & Inclusion e continuerà a promuovere una cultura organizzativa rispettosa e inclusiva, in ogni sua forma.