Le imprese promuovono la loro offerta attraverso strumenti di marketing che, utilizzando vari canali e strumenti, cercano di raggiungere e influenzare il cliente finale. Perché è semplice: niente clienti, niente impresa. Pertanto, si capisce che si investano ingenti capitali in tecnologie e progetti con l’obiettivo di conoscere i propri clienti, attuali e potenziali, comprenderne bisogni e sensibilità, misurarne la soddisfazione e raccogliere dati per meglio indirizzare la comunicazione. Quindi, Client first. Ma è davvero così che funzionano le organizzazioni?
In realtà, nella stragrande maggioranza delle aziende, esiste una gerarchia dei clienti molto diversa e molto precisa. Una gerarchia occulta, mai dichiarata, ma attiva h 24. Eccola.
Chi è il primo cliente nelle nostre organizzazioni? il Capo. E il secondo? Le persone influenti per la propria carriera. Il terzo? Se stessi come clienti interni. E in fondo alla gerarchia dei clienti, chi c’è? Il cliente finale. Alla faccia di tutti gli investimenti e delle innovazioni tecnologiche.
Capo first. La gerarchia tradizionale, ereditata da un passato che non esiste più, continua ad essere la struttura portante e immobile delle nostre organizzazioni. Nelle aziende cambia tutto, tranne la logica gerarchica la cui essenza è molto facile da sintetizzare: chi è sopra decide e valuta chi è sotto. Dove si dirige quindi l’attenzione delle persone? In alto, verso il vero cliente della piramide: il Capo (e, naturalmente, i Capi del Capo). In pratica, si lavora con la testa in su. Nel mio libro, Non morire di gerarchia, ho parlato di “torcicollo organizzativo”, effetto di una postura che mette in priorità gli umori, i bisogni, le intenzioni e soprattutto le valutazioni del Capo/Capa in modo da mostrarsi, proteggersi oppure lamentarsi (mai con lui/lei). Si dirà: chi è in alto conosce le priorità e decide meglio. Davvero? Più saliamo nella piramide più ci allontaniamo dai luoghi d’incontro tra la domanda e l’offerta dove si generano continuamente problemi e opportunità: i negozi, le filiali, i centri di servizio… La piramide tradizionale crea una distanza strutturale tra le decisioni e i problemi / opportunità che emergono nello scambio quotidiano con i clienti. In pratica, più si è distanti dal cliente finale più potere decisionale si ha.
Persone influenti per la propria carriera. Sono le persone che per vari motivi possono influenzare gli interlocutori gerarchici che decidono la carriera dei singoli. Per questa ragione godono di attenzioni e, soprattutto, sono trattati come clienti importanti e tenuti in massima priorità.
Sé stessi come cliente interno. Per poter svolgere il proprio lavoro tutti hanno bisogno delle competenze e dell’apporto di altri: informazioni, componenti e semi lavorati, contributi specialistici, servizi di supporto, prodotti… Infatti, in un’organizzazione, tutti sono considerati sia clienti interni (con il diritto di ricevere dagli altri ciò che serve per svolgere il proprio lavoro), sia fornitori interni (con la responsabilità di dare ciò che serve agli altri affinché svolgano il loro lavoro). Il concetto torna. Ebbene, decenni di diffusione di questo concetto cosa hanno prodotto? Aziende piene zeppe di clienti interni che chiedono, scalpitano, esigono e si lamentano di non ricevere il supporto dovuto dai fornitori interni. Questo genera conflitti interfunzionali continui che fortificano i silos e spingono a “scalare” per rimettere le decisioni nelle mani del Capo gerarchico.
E il Cliente finale, quello con C maiuscola? Chi, scusate? La maggior parte delle persone che lavora nelle aziende non lo incontra mai. Quindi, quando lavora, è concentrata sulle proprie attività e non ha in mente nessun cliente finale. Sono le persone che lavorano nella parte bassa della piramide che incontrano tutti i giorni clienti e utenti. Ma l’assenza di potere decisionale, da un lato, e la cultura gerarchica dall’altro, hanno forgiato un mindset che è l’esatta fotocopia dell’organigramma. E quindi non è raro sentirsi rispondere “guardi, non sono io che decido… lo dica a quelli che stanno sopra!”. Va bene così per la competitività delle imprese o c’è qualcosa che dobbiamo far evolvere? Il punto di partenza sarebbe molto semplice: esiste un solo cliente ed è lo stesso per tutti. Quello finale.
Marina Capizzi, autrice di Non morire di gerarchia, Franco Angeli