*L’immagine è “Motore in panne” di Tullio Crali, 1931

 

Negli ultimi anni, sempre più aziende hanno riconosciuto il valore strategico della neuroinclusione. Programmi pionieristici come Autism at Work di SAP (2013), seguiti da iniziative simili in Microsoft ed EY, hanno dimostrato che includere persone neurodivergenti non solo aiuta a coprire posizioni vacanti, ma innesca trasformazioni profonde nelle capacità delle organizzazioni.

Il concetto di neurodiversità si basa sul riconoscimento che esiste una naturale variabilità nel funzionamento del cervello umano. Circa una persona su cinque vive con condizioni come autismo, dislessia, ADHD o simili. Queste differenze, spesso etichettate come “disturbi”, in realtà possono rappresentare un vantaggio competitivo per le aziende, offrendo competenze rare e prospettive diverse.

La neuroinclusione potenzia l’intera organizzazione, migliorando il reclutamento, l’innovazione e la cultura interna. I dati interni di SAP, Microsoft ed EY mostrano che le persone neurodivergenti non solo si distinguono per alte performance e capacità innovative, ma tendono anche a restare più a lungo nelle aziende, con tassi di retention superiori al 90%.

Le persone neurodivergenti portano intuizioni preziose su utenti e clienti, grazie alla loro modalità diversa di elaborare le informazioni sensoriali. Un esempio emblematico è la funzione “sfocatura dello sfondo” in Microsoft Teams, ideata da un ingegnere sordo per ridurre le distrazioni visive. Questo tipo di innovazioni nasce proprio dall’eterogeneità cognitiva e dalla capacità di osservare problemi comuni da angolazioni nuove.

La neurodiversità stimola la creatività rompendo gli schemi abituali di pensiero, come dimostra il caso di un dipendente autistico di SAP che ha ricevuto il prestigioso Hasso Plattner Founders’ Award per un’innovazione contabile. Ricerche accademiche confermano che le idee più dirompenti spesso provengono da persone ai margini dei modelli cognitivi dominanti.

Anche tratti percepiti come “disfunzionali”, come l’ipersensibilità all’ordine o la comunicazione diretta, possono diventare leve per il miglioramento organizzativo. In un caso descritto, un magazziniere neurodivergente ha innescato una revisione profonda dei processi operativi obsoleti semplicemente evidenziando le inefficienze che lo mettevano a disagio.

Un altro esempio viene da EY, dove i partecipanti alla prima coorte del programma hanno riscritto i materiali di on-boarding, riducendo i tempi di formazione e facendo risparmiare oltre un milione di dollari l’anno. La loro franchezza ha permesso di identificare e risolvere un problema che altri nuovi assunti, più “conformi”, avevano probabilmente notato ma evitato di segnalare.

La neuroinclusione migliora anche la qualità della leadership. I manager coinvolti nei programmi affermano di essere diventati più efficaci, grazie all’attenzione alla chiarezza comunicativa, alla definizione delle aspettative e alla flessibilità necessaria per valorizzare ogni talento. Gli attributi di un buon supervisore per i collaboratori neurodivergenti sono gli stessi che servono per essere ottimi manager in generale.

Un effetto secondario potente è l’aumento della Sicurezza Psicologica. In molte aziende, i collaboratori già presenti — assunti tramite canali tradizionali — stanno iniziando a dichiararsi neurodivergenti, dopo aver trovato un ambiente più accogliente. Questo comporta un miglior benessere emotivo, migliori performance e un’accelerazione dell’apprendimento organizzativo.

La neuroinclusione aiuta anche a rafforzare l’allineamento valoriale. Sempre più persone cercano datori di lavoro che riflettano un impegno sociale autentico. Programmi di neurodiversità generano un impatto positivo sulla motivazione e sull’engagement, anche tra chi non è coinvolto direttamente. Aziende come EY e SAP hanno osservato che il solo fatto di conoscere l’esistenza del programma migliora il coinvolgimento dei team.

Il cammino, però, non è privo di ostacoli. Le iniziative neuroinclusive spesso iniziano come programmi “faro”, separati dalle pratiche mainstream. La sfida oggi è integrare quanto appreso nei processi ordinari dell’organizzazione, rendendo la neuroinclusione una norma e non un’eccezione. Come affermano gli autori: il vero successo sarà raggiunto quando questi programmi dedicati non saranno più necessari.

Per avviare un percorso di neuroinclusione, i leader sono invitati a:

  • Informarsi e condividere la conoscenza sulla neurodiversità.
  • Evitare stereotipi e trattare ogni persona come individuo.
  • Cercare supporto presso organizzazioni esperte, come Specialisterne.
  • Sperimentare piccoli progetti, partendo dal proprio team.
  • Rivedere la cultura aziendale, ponendosi domande come: “Questa persona arricchisce la nostra cultura?” invece di “Si adatta?”
  • Ottenere e mantenere il sostegno del top management, fondando la narrativa sull’impatto positivo per il business.
  • Esaminare tutte le pratiche organizzative, dall’assessment alla formazione, dalle riunioni alla supervisione.
  • Integrare la neuroinclusione nei programmi di leadership development.
  • Diventare promotori di neurodiversità nella comunità, per attrarre partner e nuovi talenti.

La neuroinclusione non è solo una buona pratica etica. È una leva concreta per aumentare l’efficacia organizzativa, migliorare prodotti, velocizzare l’apprendimento, attrarre talenti e rafforzare la competitività. Secondo gli autori, siamo solo all’inizio della fase “NDE 2.0”, ma oggi sappiamo molto di più rispetto a dieci anni fa.

La neuroinclusione è una scelta strategica. Non restate indietro.

 

Leggi l’articolo completo di Robert D. Austin, Neil Barnett, Chloe R. Cameron, Hiren Shukla, Thorkil Sonne e Jose Velasco su MIT Sloan Management Review

**La presente sintesi è stata realizzata con l’IA e rivista dai consulenti PRIMATE.
***Fino ad ora abbiamo utilizzato un linguaggio inclusivo inserendo i corrispettivi femminili dei termini e usando la vocale schwa (ə) quando possibile; purtroppo diversi lettori ci hanno segnalato che queste soluzioni rendevano poco scorrevoli gli articoli, pertanto abbiamo scelto di ripristinare le frasi al maschile solo per facilitare la lettura.