*L’immagine è “Graffiti Is A Crime” di Banksy
La produttività personale non dipende dal numero di ore lavorate, ma da come quelle ore vengono orientate verso le priorità reali. È la principale conclusione dello studio condotto da Robert C. Pozen e Kevin Downey per la Harvard Business Review, che ha analizzato quasi 20.000 professionisti provenienti da sei continenti. Dietro la domanda “perché alcune persone riescono a fare molto di più in una giornata?” emergono tre verità scomode:
- lavorare di più non equivale a produrre meglio;
- la produttività cresce con l’esperienza e la seniority;
- uomini e donne raggiungono risultati simili, ma con strategie diverse.
In altre parole, non è la quantità di tempo a determinare la performance, ma la qualità delle abitudini. Le persone più produttive non improvvisano, ma costruiscono routine che riducono la dispersione e aumentano la concentrazione. Hanno un obiettivo chiaro, sanno distinguere ciò che è urgente da ciò che è importante e strutturano il lavoro in modo da proteggere il tempo per le attività a più alto valore.
Lo studio ha misurato sette abitudini fondamentali:
- pianificazione della giornata,
- gestione dei messaggi,
- capacità di portare a termine i compiti,
- conduzione di riunioni efficaci,
- chiarezza nella comunicazione,
- delega e
- costruzione di routine quotidiane.
Le persone con i punteggi più alti eccellono in tre aree ricorrenti: pianificano le attività sulla base delle priorità, gestiscono in modo intelligente il flusso di informazioni e comprendono i bisogni relazionali dei colleghi.
Un primo dato sorprendente riguarda la geografia. I professionisti nordamericani, pur lavorando più ore, si collocano solo a metà classifica per produttività. In testa, invece, Europa, Asia e Australia, dove emergono abitudini di lavoro più centrate sulla qualità dell’attenzione: pianificare con cura, limitare l’uso compulsivo delle email, concentrarsi fin da subito sul risultato finale e riflettere prima di scrivere o leggere.
Un secondo elemento riguarda le differenze di genere. Nel punteggio complessivo uomini e donne risultano equivalenti, ma lo sono per vie diverse. Le donne si distinguono nella gestione delle riunioni: più propense a inviare un’agenda in anticipo, a mantenere gli incontri sotto i 90 minuti e a chiuderli con decisioni operative chiare. Mostrano anche una migliore disciplina nella preparazione del calendario e nella risposta tempestiva ai messaggi prioritari. Gli uomini, al contrario, primeggiano nella gestione dei flussi informativi: controllano le email con minore frequenza, saltano le comunicazioni a basso valore e pianificano momenti di pausa nel calendario per riorganizzare il lavoro. Sono inoltre più inclini a scrivere con una scaletta logica e a definire subito il prodotto finale prima di iniziare un progetto.
Con l’età e la seniority la produttività aumenta sensibilmente. L’esperienza non solo insegna a “fare meglio le cose”, ma anche a scegliere meglio le cose da fare. Gli over 50 dimostrano maggiore capacità di routine, più lucidità nel gestire l’eccesso di messaggi e una delega più efficace. Allo stesso modo, i dirigenti di livello più alto presentano punteggi più elevati nella pianificazione, nell’esecuzione e nella comunicazione: sanno sintetizzare, preparano gli incontri con cura e riescono a concentrare il tempo sulle decisioni strategiche.
Il confronto tra i professionisti più e meno produttivi — le cosiddette “code” della distribuzione — rivela un elemento cruciale: le persone più efficienti non procrastinano. Portano rapidamente i progetti al risultato finale, pianificano in anticipo, inviano agende e definiscono obiettivi misurabili per sé e per i team. Chi invece scivola nella bassa produttività tende a lavorare senza pianificazione, a non lasciare spazi liberi nel calendario, a non usare schemi o bozze e a reagire agli eventi invece di anticiparli.
Lo studio non si limita a fotografare le differenze: propone anche tre pratiche fondamentali per chi desidera migliorare la propria produttività quotidiana.
- La prima è pianificare in base alle priorità reali. Rivedere l’agenda la sera prima, chiarire per ogni incontro quale obiettivo si vuole raggiungere, inviare in anticipo l’ordine del giorno, definire da subito le conclusioni di un progetto e iniziare ogni attività con uno scopo preciso. Pianificare, per le persone ad alta produttività, non significa controllare tutto, ma dare direzione all’imprevisto.
- La seconda è gestire in modo consapevole l’eccesso di informazioni e compiti. Le persone più efficaci trasformano i gesti ripetitivi in automatismi, proteggono slot liberi per gestire emergenze, controllano le email solo a intervalli regolari e ignorano la maggior parte dei messaggi. Scompongono i progetti in parti gestibili e celebrano ogni avanzamento. Delegano senza sensi di colpa tutto ciò che non è strategico, riservando le proprie energie alle attività a più alto impatto.
- La terza è coltivare relazioni che facilitino il lavoro, non che lo appesantiscano. Le persone più produttive comprendono il valore del tempo altrui: rendono le riunioni brevi e mirate, chiudono con decisioni operative, rispondono rapidamente ai contatti chiave e comunicano in modo sintetico. Nella gestione dei team, stabiliscono metriche di successo chiare e condivise, e orientano la cultura verso la prevenzione dell’errore piuttosto che verso la ricerca dei colpevoli.
Dietro queste pratiche non c’è solo efficienza: c’è un diverso modo di interpretare la responsabilità. Essere produttivi non è lavorare di più, ma assumersi la responsabilità di scegliere ciò che conta. Pianificare è decidere. Delegare è fidarsi. Dire “no” a ciò che non ha valore è un atto di leadership.
La lezione di fondo dello studio è che la produttività non è un tratto individuale, ma un ecosistema di abitudini e relazioni. Cresce con la consapevolezza, con la qualità della collaborazione e con la capacità di trasformare le intenzioni in azioni concrete. E si allena: ogni giorno, con piccoli aggiustamenti, con l’umiltà di osservare dove si disperde energia e la disciplina di recuperarla.
In definitiva, ciò che distingue chi produce di più non è la velocità, ma la direzione. Lavorare “smart” non significa correre più forte, ma correre nel verso giusto.
Clicca qui per leggere l’articolo di Robert C. Pozen e Kevin Downey sulla Harvard Business Review
**La presente sintesi è stata realizzata con l’IA e rivista dai consulenti PRIMATE.
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