*L’immagine è “Judge” di Banksy

La motivazione non nasce dai voti in sé, ma dall’allineamento tra aspettativa ed esito. Quando ciò che gli studenti prevedono (in base all’impegno) coincide o migliora leggermente il risultato, il cervello rilascia dopamina, che potenzia attenzione, apprendimento e voglia di continuare.

L’articolo parte da due casi: uno studente che prende quasi sempre 100 trova conferma che studio e costanza pagano; uno che di solito sta sul 60–70 prova la stessa spinta dopaminergica quando migliora anche di poco (“ho fatto meglio del previsto”). Se però il docente mette a tutti 100 “per averci provato”, entrambi perdono motivazione: il primo perché il risultato non dipende più dallo sforzo, il secondo perché il voto non riflette un reale progresso. La dopamina non è innescata dal successo “assoluto”, ma da un esito che conferma (o supera di poco) ciò che lo studente ritiene possibile.

Da qui, l’idea: progettare lezioni che creino cicli di feedback dove gli studenti vedono prove visibili del proprio avanzamento. Tre pratiche operative:

 

1) Istantanee del prima e dopo (rendere visibile il progresso)

All’inizio di un’unità: 3–5 domande aperte a freddo (non si valutano, servono da baseline). A metà percorso si riprende una domanda; alla fine si rispondono di nuovo tutte e si confrontano le risposte con quelle iniziali.

Esempio tipico: “prima non capivo la domanda, ora posso spiegarla con esempi”. È la prova concreta del cambiamento che aggiorna la credenza “posso impararlo”, alimentando dopamina, memoria e motivazione.

Come fare:

  • Scegli 3–5 domande chiave dell’unità.
  • Fornisci un foglio in 3 sezioni: risposte iniziali; risposte intermedie; risposte finali.
  • Sul retro chiedi una breve riflessione: Cosa è cambiato? Cosa mi ha aiutato? Cosa dice della mia crescita?

 

2) Loop di feedback prevedibili (Glows & Grows + Tiny Triumphs)

Il cervello cerca schemi affidabili: sforzo → riconoscimento → passo successivo. Ogni venerdì, gli studenti compilano una Tiny Triumph Reflection (una piccola vittoria legata a impegno, crescita o persistenza). L’insegnante risponde con un feedback breve e specifico (es.: “Hai fatto una domanda nonostante l’emozione: è leadership”).

Si affianca il peer-feedback con Glows (punti di forza/progresso) e Grows (una cosa da migliorare). Tracciare nel tempo glows e grows in un diario (cartaceo o digitale) permette di vedere la traiettoria e fissare micro-obiettivi nelle aree di fatica. Feedback positivo, coerente e affidabile rafforza il legame sforzo-esito e sostiene la motivazione.

Come fare:

  • Insegna gli starter per feedback gentili, specifici e utili (es. “Mi è piaciuto come hai…”, “La prossima volta prova a…”).
  • Crea un registro personale di glows/grows.
  • Programma revisioni periodiche: Dove sono cresciuto? Dove sto lavorando? Qual è il prossimo piccolo passo?

 

3) Micro-goal setting settimanale (allenare la previsione)

Ogni obiettivo è una predizione: “credo di poter riuscire”. Fai fissare un micro-obiettivo a inizio settimana (chiaro e raggiungibile: “finisco l’outline entro mercoledì”, “intervengo una volta nel gruppo”). A fine settimana, breve retrospettiva: l’ho raggiunto? perché sì/no?

Un alunno disorganizzato, ad esempio, ha posto l’obiettivo di fare ogni giorno una domanda di chiarimento a fine lezione: riuscendoci, la settimana dopo ha osato un obiettivo più grande. Studi controllati mostrano che chi fissa, articola e riflette sui propri obiettivi ottiene migliori risultati accademici: spezzare i traguardi in passi gestibili e riflettere regolarmente chiude il loop tra impegno, progresso e motivazione futura.

Come fare:

  • Avvia un rituale: un obiettivo all’inizio, due domande alla fine (L’ho raggiunto? Cosa mi ha aiutato/ostacolato?).
  • Usa un tracker condiviso o un diario per dare continuità.

 

La motivazione si costruisce sulle prove, non sui discorsi di incoraggiamento. Gli studenti restano motivati quando sperimentano un pattern credibile: “pensavo di poterlo fare, ci ho provato, e ho visto la prova”. Il nostro compito non è “dare” motivazione, ma farla emergere progettando esperienze che rendano il progresso visibile, il feedback prevedibile e gli obiettivi raggiungibili: così la motivazione diventa parte dell’identità (capace, in crescita, inarrestabile).

 

Clicca qui per leggere l’articolo completo di Cathleen Beachboard su Edutopia.org

**La presente sintesi è stata realizzata con l’IA e rivista dai consulenti PRIMATE.
***A lungo abbiamo adottato un linguaggio inclusivo, usando anche la vocale schwa (ə). Diversi lettori ci hanno però segnalato che questo rendeva gli articoli meno scorrevoli, perciò abbiamo scelto di tornare a una forma al maschile per favorire la lettura. PRIMATE resta profondamente sensibile ai temi di Diversity, Equity & Inclusion e continuerà a promuovere una cultura organizzativa rispettosa e inclusiva, in ogni sua forma.