Ogni anno, gli addetti ai lavori dei diversi dizionari annunciano la lista delle parole entrate nell’uso comune e che meritano un posto tra le loro pagine. Adam Bryant, MD di Merrick & Co., già giornalista del New York Times, propone invece una lista alternativa: quella delle parole da salutare, da mandare in pensione. Non che queste parole debbano essere cancellate dalla lingua, ma semplicemente tolte dall’uso comune di essa. In cima alla sua lista c’è la parola “manager”. Negli anni in cui le dinamiche di mercato erano più prevedibili, il ruolo del manager era chiaro: date risorse economiche, di tempo e umane, il suo lavoro consisteva nell’ottimizzare queste risorse nel corso della loro vita in azienda. L’etimologia della parola suggerisce quanto questo termine non sia al passo con i tempi: la parola Management, infatti, deriva dal latino “manus”, mano, e si rifà alle arti del maneggiare strumenti e animali. Le funzioni dei manager sono sempre state espresse in cinque azioni: pianificare, organizzare, coordinare, comandare e controllare. Non è cambiato molto…. Fino ad ora.
Ecco tre motivi per i quali ora è invece tempo di salutare il termine manager:
- Nessuno vuole essere “maneggiato”: il termine manager viene sempre più spesso associato al concetto di micromanagement, suppone che si voglia tenere le persone all’interno del ristretto perimetro della loro funzione aziendale. Per i millennials, poi, il lavoro è considerato come una rete, più che un insieme di gerarchie.
- Nessuno vuole gestire altre persone: i migliori dipendenti non hanno bisogno di essere controllati e gestiti, ma di essere guidati, perché sono persone brillanti e motivate.
- La parola “gestire” non aiuta a cogliere ciò che viene richiesto ai dipendenti: al giorno d’oggi, lavorare è più simile all’atto di navigare durante una tempesta che seguire le regole di un manuale.
Quindi, se non “manager”, come devono essere chiamate le persone che ricoprono quel ruolo? Bryant propone team leader, perché manda un chiaro segnale del fatto che il lavoro consiste nel guidare altre persone, piuttosto che far fare delle cose ai propri collaboratori. Ma è interessante anche l’idea di chiamare i manager coach o sviluppatori di talenti.
Qualsiasi etichetta venga scelta, è ora di un cambiamento. Il focus si è spostato: le persone non fanno solo quello che gli è stato detto ma propongono idee a cui nessuno aveva pensato prima, creando nuove opportunità.
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