Letture Primate > Gentelligence: The Revolutionary Approach to Leading an Intergenerational Workforce

Chi è l’autrice
Megan Gerhardt è Professor of Management e Director of Leadership Development presso la Farmer School of Business alla Miami University, USA.
E’ inoltre l’ideatrice del Gentelligence Movement, una scuola di pensiero che promuove concretamente la collaborazione intergenerazionale all’interno dei luoghi di lavoro. 

Cosa dice di importante questo libro
Gentelligence è un testo che offre un approccio e una metodologia volti a cogliere una delle sfide più significative che toccano al giorno d’oggi le organizzazioni – siano esse profit o non profit –  ovvero la compresenza di più generazioni nei luoghi di lavoro.

L’autrice Megan Gerhardt PhD, attraverso le sue ricerche ed esperienze sul campo, dimostra e conferma  che ignorare le differenze generazionali non è la risposta. 

Anche se il fenomeno del conflitto tra generazioni è vecchio quanto il mondo, il fatto che persone di 5 generazioni diverse (Silent Generation, Baby Boomers, Generazione X, Millennials e Generazione Z) si trovino a lavorare insieme come mai prima d’ora, fa sì che le tensioni continuino a crescere.

Sfiducia, rabbia, frustrazione e demotivazione sono solo alcune delle manifestazioni che riscontriamo quando lavoriamo in contesti multigenerazionali. Tutto ciò compromette le performance dei team, limita la collaborazione, diminuisce la qualità del loro contributo e si trasforma in causa di turnover. 

I team intergenerazionali invece sono preziosi poiché mettono insieme persone con approcci, abilità e competenze complementari. I componenti dei team, però, devono essere disposti a collaborare seriamente tra loro e a imparare dalle loro differenze. Ignorare queste ultime non è la risposta, sostiene la Gehrardt. Serve aiutare le persone a guardare alle differenze con una sana curiosità,  a considerare “ciò che l’altro sa o sa fare” un vantaggio per tutta l’organizzazione. Le evidenze empiriche dimostrano infatti che quando si usano strumenti DEI (Diversity, Equity, Inclusion) per superare i gap generazionali è possibile ridurre concretamente il conflitto, gli stereotipi e il turnover, oltre che migliorare il benessere delle persone e la performance organizzativa.

Il bias sull’età, detto “Ageismo”, è di fatto uno dei bias che dal punto di vista sociale viene ancora in qualche modo tollerato, diversamente da quanto accade per le discriminazioni di genere o di etnia, per esempio. Inoltre, osserva l’autrice, quando ci riferiamo alla discriminazione per età pensiamo il più delle volte all’emarginazione che subiscono i lavoratori più anziani da parte dei più giovani. Paradossalmente, questo tipo di percezioni negative non è solo una questione di “giovani contro anziani”: le ricerche hanno evidenziato addirittura che le persone anziane sembrerebbero avere maggiori probabilità di agire atteggiamenti negativi nei confronti di altre persone anziane. Anche se le ragioni di questo fenomeno non sono ancora chiare, i ricercatori sospettano che i lavoratori più anziani siano profondamente consapevoli delle visioni legate all’età che esistono nelle loro organizzazioni e assumano questi atteggiamenti come un modo per adattarsi.

La Gerhardt nel suo libro tenta di andare oltre tutte queste considerazioni e offre un framework da lei messo a punto insieme ai coautori Josephine Nachemson-Ekwall e Brandon Fogel, per gestire il conflitto generazionale e orientare le persone coinvolte verso l’accettazione produttiva delle differenze reciproche.

Lo schema suggerito prevede quattro pratiche, da attuare come step successivi e consequenziali. Le prime due sono volte a superare bias e stereotipi (Identificate i Vostri Assunti e Aggiustate le Vostre Lenti), le altre due (Sfruttate le differenze e Promuovete l’apprendimento reciproco) guidano invece le persone a mettere in comune conoscenze ed expertise per crescere insieme.

Approfondiamo qui, a titolo di esempio, la prima pratica, ovvero “Identificare gli assunti” e la quarta, ossia “Promuovere l’apprendimento reciproco”.

La prima. Svolge un ruolo fondamentale nel generare consapevolezza nelle persone coinvolte. Consiste nell’invitare ciascuno a concentrarsi per un breve lasso di tempo, ad esempio una settimana,  sui pregiudizi anagrafici che incontrano nel loro lavoro quotidiano. In pratica le persone sono chiamate a fare caso alle proprie azioni, ma anche a quelle degli altri e ad annotarle. Dopodichè si fissa un incontro con il gruppo per discutere delle singole esperienze osservate. Le persone sono invitate a riportare ciò che hanno visto o sentito, senza giudicare. Ad esempio: “l’input dei nostri colleghi più giovani viene scartato subito” anziché “I leader senior ignorano i nostri colleghi più giovani perché pensano che non abbiano nulla da offrire“. Tutti vengono invitati ad accogliere il feedback e a chiedersi come i pregiudizi anagrafici – potenzialmente infondati – potrebbero compromettere la coesione, l’impegno e le performance del team.

La quarta, “Promuovere l’apprendimento reciproco”, ha come obiettivo quello di dimostrare ai membri dei team intergenerazionali che hanno qualcosa da imparare dai colleghi di altri gruppi anagrafici.
Un modo per incoraggiare questo processo è attivare iniziative formali di Mentoring (Senior vs Junior) e di Reverse Mentoring (Junior vs Senior). Come? Per esempio chiedendo ai collaboratori di tutte le età che cosa desiderano imparare e che cosa vogliono insegnare. Le persone potrebbero dimostrarsi timorose se non addirittura inconsapevoli riguardo la propria expertise, per cui è utile cominciare con il mettere  in evidenza i punti di forza di ciascuno. Dopodiché si procede con l’organizzazione delle sessioni di formazione dal punto di vista pratico.

Citazioni

When dissimilar people (in our case, it would be those from different ages and generations)  work together, everyone ends up with increased access to new kinds of valuable information and perspectives. (…)  This kind of outcome means diversity is just not a metric to be strived for, it is an actual integral part of successful revenue generating business

Gentelligence (…) in the strategy that will allow organizations to effectively realize these opportunities. (…) Ideas are improved by combining the innovation and wisdom of younger and older employees; the result is something no one employee (or generation) could create alone

Generations are simply one layer of identity. Just as knowing where people grew up can help to explain why they hold particular perspectives, knowing which generation they belong to can illuminate their point of view

Creating workplace that fosters intergenerational cooperation is impossible as long as age discrimination exists. Age discrimination is most often thought of as a threat to older workers, and there are many common biases about older workers that researchers have found exist in the worplace  (…)  Such common labels include being rigid, averse to change, less motivated, harder to train and tech resistant. Surprisingly, these kinds of negative perceptions are not just a matter of younger people being biased against older people. (…) researchers suspect it may be that older workers are keenly aware of the ageist views that exist in their organizations and take on these attitudes as a way to fit in

Diverse teams are prone to dysfunction because the very differences that feed creativity and high performance can also create communication barriers. (…) The potential of age diversity might sound idealist to some, especially to those who have been frustrated with past intergenerational collaborations. In fact, many researches confirm that many age-diverse teams aren’t successful. However, other research has shown the opposite effect (…). Ultimately, intergenerational teams are a paradox. They can be an utter disaster, or they can be a transformational breakthrough in the diversity of thought, or somewhere in between, depending on how these teams are led and managed

Struttura e contenuti del libro
Il libro si articola in 9 capitoli.

Nei primi due l’autrice conferma come il conflitto tra generazioni non sia da considerarsi un fenomeno nuovo, ma piuttosto qualcosa di conosciuto e ricorrente che è stato recentemente fomentato dal cambiamento demografico all’interno delle organizzazioni.
Sottolinea inoltre come clichés generazionali ed esperienze condivise tra persone di età differenti rivelino la grande complessità del “capirsi tra generazioni”.

Nei Capitoli 3 e 4 si conclude l’esplorazione del problema identificando gli ostacoli che impediscono l’esercizio efficace di una leadership intergenerazionale, che sono: le critiche tra generazioni, i bias sull’età, i valori percepiti, la conoscenza e le sue forme.

Si introduce la metodologia Gentelligence basata sull’utilizzo della diversità come pensiero per creare luoghi di lavoro più efficaci e coinvolgenti.

Nei capitoli successivi viene dato spazio ad esperienze concrete che fungono da casi di studio per dimostrare come la metodologia delle quattro pratiche – Identificazione degli Assunti, Aggiustamento delle Lenti, Rafforzamento della Fiducia e Promozione dell’Apprendimento Reciproco –  stia già dando i suoi frutti nell’aiutare i leaders delle organizzazioni che le adottano a fare Talent Attraction e a creare una alleanza intergenerazionale in grado di gestire l’incertezza e affrontare il cambiamento.

Conclusione
Ciò che apprezziamo di questo libro è l’abilità dell’autrice di insegnarci la “disabitudine” al fenomeno della classificazione delle persone per età, e quindi anche per generazione di appartenenza.

Come sappiamo, una generazione è una coorte anagrafica i cui membri sono nati nello stesso periodo storico e vivono perciò eventi e fenomeni simili nelle stesse fasi della vita. Per contro, ci siamo talmente abituati a classificare le generazioni o – all’opposto – a minimizzare le differenze che tra loro esistono – da esserci dimenticati che ci sono effettivamente dei benefici nelle diversità anagrafiche.

Saperli riconoscere ed accogliere, specie adesso con tutti i cambiamenti intervenuti nel nostro modo di lavorare, è dovere etico e professionale dei leader di oggi, così come lo diventa quello di mettere i team intergenerazionali al centro delle politiche di Diversity & Inclusion di ogni organizzazione.