SEGRETA > La pigrizia non esiste

Come psicologo sociale, Devon Price, autore di questo articolo, è particolarmente interessato ai fattori contestuali e situazionali che guidano il comportamento umano. Quando si cerca di predire o motivare le azioni di una persona, è sempre buona norma tenere conto delle regole sociali e del contesto in cui vive il soggetto. Le costrizioni situazionali spesso predicono i comportamenti molto meglio dei tratti individuali legati all’intelligenza e alla personalità di una persona.

Quando uno studente non consegna un esame, salta le scadenze e non è costante in altri aspetti della vita, si chiede: quali fattori situazionali lo stanno trattenendo dall’avere successo? Quando pensa si tratti di pigrizia, si domanda: quali sono le barriere da cui è bloccato, e che io non riesco a vedere? 

Ci sono sempre delle barriere, e il fatto di riconoscerle e considerarle legittime è il primo passo verso l’abbandono del concetto di pigrizia. Infatti, è molto utile cercare di reagire a comportamenti inefficaci con curiosità, piuttosto che con giudizio. Prendendo ad esempio la vita dei senzatetto, traendo spunto dall’autore e attivista Kimberly Longhofer, si capisce come il fatto di giudicare i desideri materiali (ad esempio, alcol e sigarette) di una persona che vive per strada, non abbia assolutamente senso: a volte, lottando per la sopravvivenza, spesso contro dipendenze, problemi con i servizi sociali e la polizia, la malnutrizione e la privazione di sonno, alcol e sigarette sono l’unico modo per alleviare i crampi della fame e scaldarsi, per riuscire a dormire.

Le persone, invece, spesso fanno loro la morale, probabilmente per giustificare a sé stessi l’ingiustizia del mondo. Certo, è più facile credere che i senzatetto siano in parte causa delle loro stesse sofferenze, rispetto a chiedersi quali fattori di quella situazione abbiano davvero un ruolo. Se il comportamento di qualcuno ci appare insensato, è perché ci sta sfuggendo parte del contesto. 

Tornando alla pigrizia accademica, Devon non crede sia altro che procrastinazione. La ricerca psicologica ha scoperto che la procrastinazione è un problema funzionale, non una conseguenza della pigrizia. Se una persona non riesce a portare avanti un progetto cui tiene molto, questo è probabilmente dovuto ad un alto livello di ansia verso il fatto di non sentirsi abbastanza bravi, o a una certa  confusione rispetto a quale sia il primo passo per svolgere l’attività. 

La soluzione è scoprire cosa trattiene il procrastinatore dal mettersi al lavoro. Se si tratta di ansia, è utile allontanarsi dalla postazione di lavoro e svolgere un’attività rilassante, ma spesso si tratta di difficoltà dal punto di vista esecutivo: chi tende a procrastinare non riesce a dividere una grande responsabilità in una serie di attività più piccole, specifiche e ordinate. Molte persone, non riuscendo a farlo, hanno semplicemente bisogno di aiuto esterno e di strumenti utili all’organizzazione, come ad esempio creare liste delle cose da fare, usare calendari e agende. Chi ha necessità di questo non è una persona pigra, ma una persona con dei bisogni. Più ci avvicineremo a capirlo, più riusciremo ad aiutare queste persone: se uno studente, ad esempio, sta avendo difficoltà, non lo ha scelto. Se una persona non riesce ad alzarsi dal letto, probabilmente c’è qualcosa che lo rende esausto, così come se uno studente non consegna un compito, deve esserci qualche parte dell’esercizio che non riesce a completare da solo. Anche chi cerca di auto-sabotarsi, ha una ragione – sta lottando contro qualche paura, non riesce a soddisfare un bisogno, sta esprimendo bassa stima di sé. 

Nessuno vuole sentirsi incapace, apatico o inefficace. Le persone non scelgono di fallire. Ciò che sembra pigrizia è spesso qualcosa di più, basta soffermarsi sui dettagli. Ci sono sempre barriere invisibili, e solo per il fatto che non si riescono a vedere, non significa che non esistano. 

Leggi l’articolo completo di Devon Price su www.humanparts.medium.com