SEGRETA > Per lavorare e stare meglio, impara a mettere dei confini

Ti è mai capitato di entrare in una stanza e di accorgerti di aver dimenticato perché sei lì? 

No, non è un principio di demenza senile… gli psicologi lo chiamano “the doorway effect”. Uno studio del 2011 pubblicato sul Quarterly Journal of Experimental Psychology ha confermato che è molto probabile che le persone perdano il filo dei pensieri o dimentichino qualcosa dopo aver attraversato una porta.  Secondo lo psicologo Gabriel Radvansky, entrare o uscire da una porta funge da  confine per gli eventi conservati nella mente. Il cervello usa questi confini per dividere e impacchettare le esperienze in modi che alla fine aiutano a ricordare e informare il comportamento. 

Perché il  cervello funziona in questo modo? Gli esperti ritengono che la mente umana cerchi di creare collegamenti tra i luoghi e gli eventi in modo che la prossima volta che ci si trova nello stesso ambiente, si saprà cosa aspettarsi e come rispondere al meglio.

Anche l’umore e il modo di pensare possono cambiare a seconda del posto in cui si è. Ad esempio, se si entra in cucina, si potrebbe avvertire la fame… anche se fino a due minuti prima si stava benissimo. Se ci si sdraia a letto, si sente sonnolenza: i segnali ambientali o i “trigger”, sono alla base dei comportamenti abituali di un essere umano. Una volta stabilita un’associazione tra un ambiente e un comportamento, è estremamente difficile– alcuni esperti dicono impossibile –  rompere quell’associazione. 

Ma cosa succede quando trasferiamo enormi porzioni della nostra vita lontano da spazi fisici e in spazi virtuali? 

Nel suo nuovo libro Frontal Fatigue, lo psichiatra della Yale University Mark Rego esplora alcuni dei modi in cui la tecnologia sta abbattendo i confini che un tempo definivano le nostre vite. La ricerca sulla “teoria del confine”, che descrive come le persone separano il lavoro e la vita familiare, suggerisce alcuni dei problemi in cui possiamo trovarci quando facciamo troppe cose diverse nello stesso posto usando gli stessi strumenti:

  • Gli individui che riescono a prendere le distanze dal lavoro al termine della giornata riferiscono un maggiore benessere psicologico, migliore umore, una migliore qualità del sonno e prestazioni lavorative più elevate rispetto a coloro che non riescono 
  • L’uso della tecnologia in casa dopo le ore standard di lavoro (ad esempio, il controllo della posta elettronica) è associato a livelli ridotti di distacco e risultati peggiori in termini di benessere
  • Il lavoro da casa ha portato a tassi elevati di burnout

Diventa pertanto importante, con il crescere dello smart working, saper tracciare linee definite tra il tempo libero e il tempo dedicato al lavoro, ad esempio identificando a casa un luogo specifico per il lavoro, che non sia lo stesso in cui ci si riposa e da cui poter stare lontano quando la giornata lavorativa è terminata. Un altro modo per sfruttare appieno queste caratteristiche del cervello può essere quello di scegliere un momento e un luogo per i pensieri ansiosi, che potrebbe impedire che questi invadano tutte le altre parti della vita.

I nostri cervelli sono cablati per funzionare entro determinati tipi di confini, non quelli che ci vincolano, ma quelli che creano una separazione utile. Sfocare le linee di questi confini – qualcosa che la tecnologia oggigiorno rende più facile che mai – può confondere il modo in cui pensiamo, sentiamo e ci comportiamo.

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