Secondo un recente studio, il 40% di lavoratori e lavoratrici della generazione Z dichiara di voler lasciare il proprio lavoro nei prossimi due anni, mentre il 35% afferma che lo lascerebbe senza averne un altro all’orizzonte. Si tratta di dati preoccupanti, che ci ricordano quanto sia fondamentale attrarre e trattenere i talenti della Gen Z, che entro il 2025 arriverà a costituire un quarto della forza lavoro.

Ecco alcuni motivi per cui chi fa parte di questa generazione è così propensǝ a cambiare o abbandonare il proprio lavoro:

  1. Disconnessione e disengagement
    La ricerca mostra che la maggior parte dei lavoratori e delle lavoratrici più giovani non sente uno stretto legame con colleghǝ, manager e persone con cui collabora. Recentemente, poi, è stata registrata una riduzione della percezione di cura e interesse che queste persone sentono nei propri confronti da parte delle proprie organizzazioni. Per rispondere a questa mancanza di connessione ed engagement, molte aziende hanno pensato di utilizzare le politiche di ritorno in ufficio, che potrebbero però rivelarsi controproducenti: secondo un sondaggio del 2022, infatti, la Gen Z è la generazione con più probabilità di abbandonare il lavoro a causa di politiche troppo rigide. Fortunatamente esistono alternative più efficaci, come buone pratiche di onboarding, che possono aumentare fidelizzazione e produttività rispettivamente dell’82% e del 70%; tuttavia, solo il 10% dei e delle dipendenti ritiene che la propria azienda adotti pratiche di onboarding efficaci.
  2. Mancanza di opportunità di crescita e sviluppo
    Lo sviluppo gioca un ruolo fondamentale nell’esperienza della generazione Z. I talenti della Gen Z sono ansiosi di apprendere e desiderosi di intercettare opportunità di mobilità e avanzamento di carriera. Nei primi tre anni di impiego, la mancanza di questi elementi ha dimostrato di avere un impatto negativo importante sulle probabilità di fidelizzazione. Attività come lo sviluppo di competenze, l’acquisizione di conoscenze e il sostegno alla progressione di carriera possono contribuire a creare un’esperienza di lavoro significativa per la Gen Z, fattore che – secondo uno studio pubblicato su “Sustainability” – risulta fondamentale per la fidelizzazione.
  3. Burnout
    Il 68% della Gen Z e dei millennial più giovani riferisce di sentirsi stressato “per la maggior parte del tempo”. I e le dipendenti afflittǝ da stress cronico hanno più possibilità di lasciare il lavoro; inoltre, è noto che il burnout abbia ricadute negative sia per le persone che lo vivono sia per le loro organizzazioni. Poiché i talenti della generazione Z prestano sempre più attenzione al proprio benessere, sono alla ricerca di aziende che facciano altrettanto: un recente rapporto ha rilevato che due terzi dei e delle dipendenti della Gen Z vorrebbe vedere da parte della propria organizzazione maggiori investimenti nella salute mentale e nel benessere; si tratta, peraltro, di un pensiero condiviso anche da oltre il 50% dei millennial, dal 41% della generazione X e dal 31% dei baby boomer.
  4. Ricerca di uno scopo
    La Gen Z è alla ricerca di un legame tra il proprio lavoro e i propri valori e di aziende impegnate pubblicamente per migliorare la società, proteggere l’ambiente e sostenere il benessere delle persone. L’impegno della propria organizzazione nei confronti dell’impatto sociale, della diversità, dell’inclusione, dell’equità e della sostenibilità ha una correlazione diretta con la fidelizzazione e la volontà di restare di questǝ giovani lavoratori e lavoratrici.

In conclusione, l’“irrequietezza” della Gen Z non è un capriccio: i e le giovani professionistǝ cercano flessibilità, una chiara traiettoria di carriera, impegno per la salute mentale e fisica e allineamento tra lavoro e valori personali. È questo che le aziende devono offrire se vogliono attrarlǝ e trattenerlǝ.

Leggi l’articolo di Amelia Aynes, Tessa Misiaszek e Doug Charles su kornferry.com