Il multitasking è un’illusione. Nonostante la diffusa convinzione che eseguire più attività contemporaneamente aumenti la produttività, la realtà scientifica dimostra il contrario: il cervello umano non è strutturato per svolgere più compiti alla volta senza sacrificare l’attenzione e la qualità del lavoro.
A differenza di quanto si crede, nemmeno i computer eseguono realmente più operazioni simultanee: elaborano i dati in sequenze ultraveloci, dando l’impressione di gestire più attività allo stesso tempo. Il cervello, invece, non è in grado di alternare i compiti con la stessa efficienza. Ogni volta che spostiamo l’attenzione da un’attività all’altra, subiamo un costo cognitivo, anche se il passaggio ci sembra impercettibile.
Secondo Cal Newport, professore alla Georgetown University, bastano pochi secondi di distrazione, come controllare una notifica sul telefono, per frammentare la concentrazione e ridurre l’efficienza del lavoro. Ogni interruzione obbliga il cervello a un nuovo sforzo per recuperare il focus precedente, un processo che può richiedere dai 10 ai 20 minuti.
Clifford Nass, docente alla Stanford University, ha condotto studi approfonditi sulle persone che praticano il multitasking e ha scoperto che, contrariamente a quanto esse stesse credono, non sono più produttive né più veloci nel completare i compiti. Al contrario, faticano a filtrare le informazioni irrilevanti, hanno difficoltà a organizzare i dati e impiegano più tempo a passare da un’attività all’altra rispetto a chi si concentra su un solo compito per volta.
Il mito dell’efficienza e i suoi effetti negativi
Molti e molte credono di essere particolarmente abili nel multitasking, ma le ricerche dimostrano che questa sicurezza è spesso infondata. Uno studio ha analizzato il fenomeno del “media multitasking”, ovvero l’uso simultaneo di diversi dispositivi digitali – come guardare la TV mentre si controlla il telefono – e ha rilevato che le persone abituate a questa pratica hanno una minore capacità di concentrazione e una memoria meno efficiente.
Nei bambini e nelle bambine, l’esposizione precoce al multitasking digitale è stata associata a difficoltà di apprendimento, problemi di attenzione e aumento dell’impulsività. Gli effetti negativi sono visibili anche negli adulti: chi passa frequentemente da un compito all’altro ha una ridotta capacità di prendere decisioni, poiché il cervello fatica a distinguere le informazioni importanti da quelle superflue.
Un altro aspetto critico riguarda il carico cognitivo. Il nostro cervello consuma circa il 20% delle calorie ingerite, rendendolo uno degli organi più energivori del corpo. Sottoporlo costantemente al multitasking equivale a sovraccaricarlo, riducendone progressivamente l’efficienza e aumentando il senso di affaticamento mentale.
Il multitasking in ambito medico: un rischio per la vita
In alcuni contesti, le conseguenze del multitasking possono essere molto più gravi di una semplice riduzione della produttività. Nel settore sanitario, le distrazioni causate dalla gestione simultanea di più attività possono mettere a rischio la vita dei e delle pazienti.
Un esempio concreto riguarda un ospedale universitario, dove una giovane specializzanda, mentre somministrava un farmaco a una bambina, ha ricevuto un messaggio sul telefono. Distratta dalla notifica, ha dimenticato di regolare il dosaggio come previsto, causando un grave danno alla piccola paziente. Questo caso non è isolato: uno studio condotto su 257 infermierə ha evidenziato che le interruzioni digitali nei 10 minuti precedenti alla somministrazione di un farmaco aumentano in modo significativo il rischio di errori.
Anche le cartelle cliniche elettroniche, pur nate per migliorare l’organizzazione e la gestione dei dati, si sono rivelate una fonte di distrazione. I medici devono dedicare molto tempo alla compilazione dei dati su schermo, sottraendo attenzione all’interazione diretta con i e le pazienti. Questo riduce la capacità di cogliere segnali non verbali importanti, aumentando il rischio di diagnosi errate o trattamenti inadeguati.
L’attenzione come risorsa limitata
Il nostro cervello non è progettato per gestire molteplici stimoli in contemporanea. Un fenomeno noto come “cecità da disattenzione” dimostra che quando siamo concentratə su un compito specifico, ignoriamo automaticamente tutto ciò che non rientra nel nostro focus. Questo effetto spiega perché molte persone immerse nei loro smartphone non si accorgano di dettagli evidenti intorno a loro, come un semaforo rosso o una persona che le chiama.
Un’altra credenza errata è l’idea che utilizziamo solo il 10% del nostro cervello. In realtà, il cervello lavora sempre al 100%, ma non in ogni sua parte contemporaneamente. Proprio per questo, il multitasking rappresenta una strategia inefficace: costringe il cervello a disperdere energia e attenzione, riducendone la capacità di elaborare informazioni in modo profondo e accurato.
Conclusioni
L’attenzione è una risorsa preziosa, ma limitata. Il mito del multitasking ha portato molte persone a credere che dividere il proprio focus su più attività sia vantaggioso, mentre le evidenze scientifiche dimostrano il contrario. Lavorare su un solo compito alla volta migliora la qualità del lavoro, riduce lo stress e preserva le funzioni cognitive nel lungo termine.
Nel contesto medico e in altri settori ad alta responsabilità, eliminare il multitasking può addirittura salvare vite. Smettere di frammentare l’attenzione e adottare strategie per mantenere la concentrazione è essenziale per garantire maggiore efficienza, sicurezza e benessere mentale.
Leggi l’articolo completo di Richard Cytowic su The Reader – MIT Press.
*La presente sintesi è stata realizzata con l’IA e rivista dai consulenti PRIMATE.
**L’immagine è “Visioni Simultanee” di Umberto Boccioni, 1911