SEGRETA > (Psychological) Safety First

Per raggiungere grandi obiettivi, le persone devono sentirsi sicure anche quando decidono di prendersi dei rischi. La performance è massima, sia a livello organizzativo sia di team, quando il timore è al minimo. La sicurezza psicologica è la base per una crescita sostenibile e capace di portare innovazione.

Quando parliamo di “sicurezza psicologica”, ci riferiamo alla sensazione di poterci prendere dei rischi senza timori di ritorsioni o pericoli: in queste situazioni, cioè, le persone si sentono tranquille nell’esprimere apertamente le loro idee, nel fare domande e condividere preoccupazioni, perché non temono di venire zittite o male interpretate. In contesti psicologicamente sicuri i colleghi sono onesti e provano reciprocamente fiducia e rispetto. Quando la situazione è diversa, è molto probabile che la performance ne risenta grandemente, che il turn over sia alto e la produttività bassa. Assumere talenti non è sufficiente per le imprese se vogliono crescere: occorre che offrano anche spazi per il loro sviluppo e la loro libera espressione. Questo non significa che bisogna accettare tutto, o che ogni comportamento sia lecito e non possa avere conseguenze. Significa piuttosto che le persone possono essere aperte e rispettarsi reciprocamente grazie anche al fatto che si ascoltano e si coinvolgono attivamente in un reciproco confronto tra pari. 

E comunque, la sicurezza psicologica è solo il primo passo verso una buona performance. Dopo aver creato un ambiente confortevole, i leader devono ispirare i loro collaboratori perché, proprio grazie all’ambiente in cui operano, possano fare del loro meglio nelle attività professionali. Ecco di seguito alcuni suggerimenti per costruire un contesto “a prova di paura” capace di portare valore aggiunto al business.

I leader sono responsabili di porre gli elementi di base di un ambiente psicologicamente sicuro. Intanto devono essere chiari rispetto all’obiettivo comune del team, così come rispetto all’importanza che ognuno parli apertamente di ciò che pensa o prova, perché ciò costruisce quell’interdipendenza che sostiene il lavoro comune e la condivisione dell’obiettivo stesso. Devono inoltre enfatizzare le necessità che sono direttamente collegate al proposito: cosa c’è in gioco, perché è importante e per chi. Ipotesi di fallimento e di incertezza devono essere chiaramente comunicate e continuamente richiamate all’attenzione. Aspettative condivise e un obiettivo comune sono un prerequisito per invitare i collaboratori ad esprimersi. Il compito dei leader comprende la dimostrazione di saper essere umili nelle situazioni in cui è utile e qualcuno ne sa più di noi, l’espressione di curiosità verso le proprie mancanze e il desiderio di fare buone domande e ascoltare con vera attenzione. E’ compito dei leader definire la giusta struttura e i processi più adeguati per creare dei momenti di confronto animati ed utili. Le persone si esprimeranno apertamente quando sentiranno di non rischiare nulla e che i loro suggerimenti sono sinceramente apprezzati.

Per stimolare i collaboratori all’apprendimento continuo, i leader devono anche rispondere concretamente ai suggerimenti e alle richieste raccolte. Questo significa che devono esprimere il loro apprezzamento ascoltando, riconoscendo la fatica che l’esporsi richiede e ringraziando per l’impegno e la decisione, indipendentemente dal risultato. I leader dovrebbero creare un contesto in cui le  persone vengono aiutate quando falliscono, e in cui i fallimenti sono opportunità di apprendimento e in quanto tali vengono analizzati, presi in considerazione e rivisti per definire nuove possibili soluzioni.

Certo, vanno anche posti dei vincoli chiari: errori prevedibili dovuti a violazioni di processi ben definiti devono essere sanzionati, per rinforzare i valori dell’organizzazione.

E’ difficile integrare tutti questi elementi, occorre metterci impegno, sforzo e pratica, ma così come i nostri collaboratori imparano continuamente, altrettanto facciamo noi leader!

Leggi l’articolo completo di Amy C. Edmonson professoressa alla Harvard Business School for Leadership and Management su www.strategy-business.com