Le lamentele, che ci piaccia o no, sono parte integrante della comunicazione organizzativa. Se chi si lamenta lo fa in modo inefficace, rischia di compromettere l’umore collettivo, le relazioni e la cultura organizzativa. Se i reclami sono presentati in modo efficace, invece, possono essere utili per individuare le criticità in modo precoce, gestire i rischi, scoprire opportunità di crescita e cambiamento e migliorare il benessere e i rapporti tra le persone.

La prima cosa da fare davanti a una lamentela, quindi, è capire di che categoria fa parte e quali sono i suoi driver:

  • Lamentele costruttive: vengono avanzate con l’intenzione di sollevare un problema e migliorare la situazione (per esempio, segnalazioni di comportamenti inappropriati o di un carico di lavoro insostenibile). Per un/una manager dispostǝ ad ascoltare, questi reclami possono offrire informazioni preziose e permettere di intervenire sui problemi prima che si ingigantiscano.
  • Sfoghi: sono una forma emotiva di lamentela, usata per esprimere la propria insoddisfazione verso qualcunǝ o qualcosa, per rilasciare stress e frustrazione e per cercare alleatǝ. Gli sfoghi possono intensificare il supporto sociale, ridurre la solitudine e limitare l’escalation di emozioni negative; allo stesso tempo, questo tipo di lamentela costringe chi la accoglie a gestire la propria emotività oltre a quella dell’altra persona, cosa non sempre facile, soprattutto se non si è d’accordo con chi si sta lamentando. Gli sfoghi, quindi, non vanno stigmatizzati, ma non devono diventare la modalità abituale per esprimere insoddisfazione.
  • Lamentele croniche: alcune persone hanno una visione pessimistica e negativa della realtà e la esprimono lamentandosi continuamente, anche quando non c’è una problematica oggettiva. Avere a che fare con queste persone riduce la nostra energia, ma talvolta può essere utile perché ci aiuta a identificare rapidamente eventuali problemi. Per esempio, è una buona idea sottoporre a questi soggetti particolarmente negativi una nuova politica prima di implementala, così che possano aiutarci a individuarne subito i punti deboli.
  • Lamentele dannose: sono reclami distruttivi, usati per indebolire le altre persone o per ottenere un vantaggio personale. Questo tipo di lamentela è spesso associato a pettegolezzi e scorrettezze e può contribuire a creare un ambiente di lavoro tossico; i e le leader, quindi, devono intervenire immediatamente quando si rendono conto che qualcuno si lamenta al solo scopo di mettere in cattiva luce gli altri e di ottenere un beneficio per sé stessǝ.

Come gestire queste diverse tipologie di lamentela? È importante avere una strategia dal momento che, se le persone non si sentono ascoltate nelle loro preoccupazioni, sono più stressate, meno coinvolte e più propense ad abbandonare l’organizzazione. Essere ricettivǝ rispetto alle lamentele e sfruttare quelle costruttive per migliorare, invece, aumenta la sicurezza psicologica e incoraggia la soluzione creativa dei problemi.

  1. Interesse e curiosità: quando riceviamo una lamentela, ascoltiamola con apertura e curiosità e cerchiamo di capire a quale tipologia appartiene. Durante l’ascolto, facciamo attenzione al pregiudizio del falso consenso, che si manifesta con pensieri come “se non lo sperimento personalmente, non può essere vero” o “se non è un problema per me, non dovrebbe esserlo neanche per loro”.
  2. Incoraggiare le lamentele costruttive: sollecitiamo i reclami costruttivi, creando momenti appositi in cui collaboratori e collaboratrici possono darci feedback e sfruttando a questo scopo anche le revisioni periodiche della performance.
  3. Affrontare le lamentele dannose: se notiamo che qualcuno si lamenta senza alcuna intenzione di migliorare la situazione, facciamoglielo notare; non sempre, infatti, le persone sono consapevoli di avere un comportamento distruttivo. Se la situazione non cambia, valutiamo l’opportunità di offrire supporto alla persona in questione e, in casi estremi, consideriamo l’ipotesi di allontanarla.

Leggi l’articolo di Alyson Meister e Nele Dael su hbr.org