Non è mai facile iniziare una conversazione difficile sul lavoro. Molte persone si sentono in colpa quando hanno trovato delle scuse in certe situazioni per non avere questo tipo di conversazioni. Ma è davvero meglio procrastinarle? Oppure è meglio parlare apertamente e sperare per il meglio?
Una delle ragioni per cui non si vogliono avere questo tipo di conversazioni è il timore di ferire gli altri. Quando ci sperimentiamo in alcune di esse il timore di non trovare le parole giuste può assorbire a tal punto la nostra attenzione da farci perdere di vista addirittura il motivo per cui l’abbiamo iniziata. Avere un metodo ed esercitarvisi può aiutarci a diventare sciolti e capaci di parlare con apertura e sensibilità. Alcune sfumature possono fare la differenza. Ecco quelle più importanti
Tenere distinte l’osservazione dalla valutazione. Osservare è registrare qualcosa che si è visto o sentito. Valutarlo è definirlo attraverso qualche aspetto che deriva dalla nostra esperienza soggettiva (bello, brutto, interessante, noioso…). Spesso questa modalità istintiva di categorizzare le esperienze ci porta a rivolgere osservazioni agli altri attraverso critiche al carattere, generalizzazioni, attacchi personali o interpretazioni, ad esempio dicendo “Sei pigro” anziché “Mi hai detto che i documenti sarebbero arrivati in due giorni, ma ne son passati quattro e non ho ancora ricevuto nulla”.
Esprimere emozioni e non pensieri. Spesso abbiamo l’abitudine di descrivere ciò che proviamo dicendo ciò che pensiamo. Il problema è che i nostri pensieri possono essere molto diversi da quelli di chi ci ascolta, e possono far scattare un diverbio se l’altro non è d’accordo con noi. Per comunicare correttamente, abbiamo la necessità di diventare più consapevoli delle emozioni che sottendono questi pensieri. Dobbiamo identificare le nostre valutazioni e comprendere come impattino sulle nostre emozioni. Se riusciamo a concentrare la nostra conversazione sul motivo per cui un certo comportamento sollecita in noi una certa emozione, anziché sulla critica di chi quel comportamento l’ha agito, possiamo evitare risposte difensive.
Riconoscere i nostri bisogni universali e non rivendicare le nostre strategie. Ogni essere umano ha dei bisogni, molti dei quali universali. Le nostre emozioni negative spesso originano dalla mancata soddisfazione di questi bisogni. Se in conversazioni difficili riusciamo a ricondurre le nostre emozioni a questi bisogni universali, e in particolare al bisogno che noi abbiamo visto non riconosciuto, il livello di comprensione reciproca e di ascolto migliorano notevolmente. Dobbiamo però distinguere bene tra bisogni e strategie per soddisfarli: per esempio, bere una birra è una strategia, usata per soddisfare il bisogno universale di idratazione. Comprendere e mantenere la distinzione può permettere la scoperta di innumerevoli strategie inedite di soluzione, anche nei conflitti più esacerbati.
Esprimere richieste e non pretese. Entrambi sono strategie finalizzate a rispondere ad un bisogno. Le prime però sono degli inviti fatti agli altri a darci risposta, le seconde sono degli imperativi, e lasciano poco spazio di libertà all’interlocutore qualora non voglia o possa accontentarci. Perché le richieste possano essere chiare e comprensibili devono essere specifiche, e descrivere il comportamento concreto che si vorrebbe vedere. Meglio inoltre se indicano ciò che è bene fare, e non ciò che occorre non fare.
E se, nonostante tutte le attenzioni, qualcuno non appare pronto a soddisfare le tue richieste? E’ importante accettarlo, ma soprattutto rimanere aperti e curiosi per comprendere quali motivazioni o emozioni sono celate sotto quel “no”, cosa impedisce di dire di sì. Può essere così possibile trovare un modo per risolvere comunque il problema, facendo emergere anche i bisogni della contro parte. Un “no” potrebbe richiedere un maggiore ascolto, maggiore empatia e delle domande che aiutino a comprendere meglio la situazione e i sentimenti dell’altro.
In generale, le conversazioni difficili dovrebbero rimanere brevi, in modo da evitare lunghe giustificazioni che tolgono potenza e valore ai messaggi, ed essere svolte faccia a faccia. In sintesi, si tratta di essere chiari rispetto a ciò che si è osservato, esprimere come ciò ci fa sentire, indicare il bisogno da cui questa emozione scaturisce e cosa potrebbe essere utile per cambiare la situazione. Nessuno può dare risposta a tutti i nostri bisogni, questa è una nostra responsabilità. Per questo noi per primi dobbiamo definire dei limiti oltre i quali dobbiamo far rispettare i nostri bisogni. E’ possibile farlo con empatia e correttezza quando si ha bene in mente che si tratta di rispettare i nostri bisogni, appunto, e non di punire un’altra persona. Rivolgendo empatia sia verso di noi sia verso i nostri interlocutori si possono affrontare situazioni conflittuali anche in maniera diretta ed efficace.
Leggi l’articolo originale di Dave Bailey – www.medium.com