Se abbiamo un “fixed mindset”, tendiamo a pensare che intelligenza e talento siano innati e che se dobbiamo sforzarci per ottenere dei risultati significa che non abbiamo talento. Inoltre reagiamo in modo negativo a feedback e critiche e vediamo il successo degli altri come una minaccia. Un growth mindset, invece, ci porta a vedere l’intelligenza e il talento come elementi dinamici che possono essere migliorati, ad apprezzare le sfide e a vivere i feedback e il fallimento come occasioni di crescita. Si tratta di una mentalità che ci spinge a concentrarci sul processo più che sui risultati.

Passare da un “fixed mindset” a un “growth mindset” può rivoluzionare la nostra vita personale e lavorativa, soprattutto in un momento ricco di sfide e incertezze come quello che stiamo vivendo. Secondo una ricerca di Carol Dweck, infatti, le persone che lavorano in aziende con una mentalità orientata alla crescita hanno il 34% di probabilità in più di sperimentare senso di appartenenza e impegno verso la propria organizzazione, il 47% in più di considerare colleghi e colleghe affidabili, il 65% in più di affermare che la propria azienda promuove l’assunzione di rischi e il 49% in più di credere che incoraggi l’innovazione.

Ecco 13 suggerimenti per sviluppare un growth mindset:

  1. Chiediamoci qual è il nostro mindset attuale e, se ci risulta difficile rispondere, monitoriamo i nostri pensieri e comportamenti per qualche giorno, esaminando il nostro atteggiamento rispetto alle sfide, al fallimento e ai feedback.
  2. Domandiamoci perché vogliamo coltivare un mindset orientato alla crescita e quali vantaggi ci può portare.
  3. Cominciamo a vedere il fallimento come una tappa fondamentale del nostro percorso di apprendimento.
  4. Prendiamo atto dei nostri limiti, riconoscendo che alcune cose ci richiederanno uno sforzo e un tempo maggiore di altre.
  5. Diamoci tempo e stabiliamo obiettivi realistici: nessuno migliora le proprie prestazioni dall’oggi al domani.
  6. Invece di temere ed evitare le sfide, cominciamo a viverle come opportunità di apprendimento.
  7. Cambiamo il nostro modo di esprimerci, passando da frasi come “non sono bravo/a in questo” a “non sono ancora bravo/a in questo”.
  8. Non diamoci come obiettivo l’approvazione degli altri, ma l’apprendimento e la crescita.
  9. Usiamo feedback e critiche per migliorare le nostre prestazioni.
  10. Valorizziamo il processo di crescita che stiamo compiendo più dei risultati.
  11. Dedichiamo qualche minuto ogni giorno a riflettere sulle cose che sono andate bene e su quelle in cui abbiamo fallito: come possiamo migliorare grazie a queste esperienze?
  12. Per ogni obiettivo raggiunto, stabiliamone uno nuovo.
  13. Celebriamo il successo degli altri e chiediamoci (o, ancora meglio, chiediamo a loro) cosa ha reso possibili quei risultati.

Una mentalità orientata alla crescita può essere preziosa soprattutto se ricopriamo un ruolo di responsabilità: ricordiamo che nessuno nasce leader, quindi diamoci il tempo di capire qual è il nostro stile di leadership, chiediamo feedback, procediamo per tentativi e premiamo le persone che, nel nostro team, si assumono piccoli rischi per promuovere la crescita dell’organizzazione.

Ecco alcune pratiche manageriali per coltivare un growth mindset all’interno del nostro team:

  1. Promuoviamo apprendimento e sviluppo continuo attraverso attività come il “celebration grid”, che può essere usato nelle retrospettive per condividere le esperienze e imparare dagli errori e dai successi degli altri, o l’utilizzo di strumenti come la matrice delle competenze, che ci permette di individuare punti di forza e lacune all’interno della squadra.
  2. Se una persona all’interno del team fallisce in una attività, chiediamole come possiamo supportarla per permetterle di riuscire meglio la prossima volta.
  3. Creiamo una cultura del dialogo, in cui ognuno sa di poter fare domande e sollevare dubbi o critiche in qualunque momento.
  4. Incoraggiamo il feedback a tutti i livelli, non solo dall’alto verso il basso.
  5. Coltiviamo l’empatia verso i nostri collaboratori e le nostre collaboratrici, usando strumenti come le Mappe Personali, che ci permettono di conoscere le persone in modo integrato, uscendo dall’ambito puramente accademico e professionale.

Per approfondire e scoprire altri consigli utili, leggi l’articolo di Erick Masgo Dávila su management30.com