SEGRETA > Se vuoi ascoltare, parti dai bisogni del tuo interlocutore

A tutti è capitato almeno una volta di avere un deficit di ascolto, ovvero di rendersi conto di aver interpretato male l’obiettivo di un interlocutore. Succede anche sul lavoro, con colleghi e clienti: cominciamo a discutere di un progetto e ci rendiamo conto di non essere sulla stessa linea d’onda, come se parlassimo due lingue diverse. Da cosa dipende? Dalla qualità dell’ascolto.

Non è sempre sufficiente prestare attenzione ed evitare distrazioni; la chiave, invece, è adattare il nostro modo di ascoltare per aiutare il nostro interlocutore a raggiungere il suo obiettivo. La domanda da cui dovremmo partire è: “Che cosa vuole da me?” Quando una persona ci parla, infatti, di solito desidera ottenere uno di questi quattro atteggiamenti:

  • Coinvolgimento personale. In alcune situazioni, chi parla ha bisogno che l’interlocutore ascolti e assorba tutto ciò che dice, senza interrompere con commenti o giudizi; segnali di questo bisogno sono frasi di apertura come “Sono qui per darvi un aggiornamento” o “È importante che sappiate questo”. In questi casi possiamo prendere appunti, catalogare mentalmente le informazioni e fare domande per essere certi di aver capito bene: in questo modo faremo capire a chi parla che siamo “immersi” in ciò che dice e ci stiamo comportando come spugne rispetto al suo discorso.
  • Supporto a una riflessione. Quando una persona è indecisa su come comportarsi in una determinata situazione, potrebbe interpellarci con lo scopo di individuare i punti di forza e di miglioramento della sua idea. Una conversazione di questo tipo si apre con frasi come “Ho bisogno di un feedback su questo” oppure “Non sono certo che questo abbia senso”: il nostro compito è aiutare l’oratore a individuare pro e contro, districarsi nella situazione e valutare i vari approcci possibili.
  • Aiuto per realizzare. Le persone focalizzate sui risultati e con poco tempo a disposizione spesso hanno bisogno di un ascoltatore per portare avanti progetti e processi. Potrebbero usare frasi come “Dobbiamo prendere una decisione su questo” o “Non so come farò a portare a termine questo progetto” per invitarci a suggerire soluzioni, prendere in carico una parte del lavoro o aiutare a delegare. È bene entrare in questa modalità solo se siamo in linea con l’obiettivo del nostro interlocutore.
  • Sostegno emotivo. Se qualcuno ci dice “Ho una notizia bellissima” oppure “Sto vivendo una giornata orribile” quello che si aspetta da noi è sostegno: cerchiamo di rispondere con parole e azioni che convalidino i suoi sentimenti.

Non è facile capire di volta in volta di quale tipo di ascolto ha bisogno il nostro interlocutore, perché spesso partiamo dalle nostre convinzioni, che non sono valide sempre e in assoluto. Per esempio, si parla molto di evitare il giudizio, ma a volte si ha proprio bisogno che il nostro pensiero venga messo alla prova. Quando riusciamo a definire cosa davvero vogliono in quello specifico momento, otteniamo interazioni più efficienti con i collaboratori e maggiore fiducia e influenza nei confronti dei clienti.

Per approfondire l’argomento leggi l’articolo di Nancy Duarte su sloanreview.mit.edu