Il mito del leader duro e sicuro di sé è stato sfatato dalla pandemia, che ha mostrato come i leader più potenti e dominanti si siano in realtà rivelati deboli, al contrario di chi ha avuto il coraggio di esporre le proprie vulnerabilità. 

I dipendenti, in azienda, si sentono meglio quando i loro leader si dimostrano essere persone intelligenti, oneste e buone, capaci di agire con coraggio e per il bene dell’organizzazione, senza cedere al senso di invincibilità che non fa altro che danneggiare chi hanno intorno. 

In un mondo complesso e incerto che richiede un mindset agile e aperto all’apprendimento, i leader più adattabili sono coloro i quali conoscono i propri limiti, sono abbastanza umili da voler accrescere il proprio potenziale e quello degli altri, sono coraggiosi e curiosi. Questo tipo di leader riesce a creare un ambiente in cui la sicurezza psicologica aiuta a stimolare il dissenso e le critiche costruttive. Soprattutto, questo tipo di leadership è interessato alla verità, alla realtà dei fatti, e sa ammettere di avere torto. 

Cosa fare, quindi, per coltivare uno stile di leadership più vulnerabile? Ecco 5 consigli:

  1. Inizia con il dire la verità: condividi la tua prospettiva con onestà e sii aperto rispetto alle due debolezze
  2. Chiedi aiuto: essere un leader non significa essere un eroe
  3. Esci dalla tua zona di comfort: spesso, le persone non diventano buoni leader perché agiscono come un pilota automatico, portando avanti le proprie abitudini, ma per sviluppare nuove competenze bisogna lavorare sulle proprie mancanze
  4. Quando commetti un errore, ammettilo e chiedi scusa: i collaboratori apprezzeranno l’onestà e la fiducia
  5. Coinvolgi gli altri nel tuo percorso di miglioramento: prendi il percorso con serietà, chiedendo feedback rispetto ai tuoi progressi

In questo momento, è vitale poter contare su leader vulnerabili. Come ha commentato Amy Edmondson nel suo libro Organizzazioni senza paura, “per far fiorire il lavoro intellettuale, le persone che lavorano insieme devono sentirsi libere di condividere le proprie conoscenze!”. 

Leggi l’articolo completo di Amy C. Edmondson e Tomas Chamorro-Premuzic su www.hbr.org