SEGRETA > Vuoi dare il meglio? Prenditi cura di te stesso

Generalmente, quando si parla di benessere in relazione al lavoro, si ha l’impressione che le due cose siano mutualmente esclusive, cioè non possano coesistere. Ma non è così, anzi è esattamente l’opposto.
Infatti, contrariamente a quello che si pensa, il benessere non è un mero ingrediente delle performance elevate, al contrario, ne è il fondamento. Ce ne parla Annastiina Hintsa, CEO di Hintsa Performance, durante la sua intervista con McKinsey.

Stare bene è prerequisito essenziale per poter lavorare bene. Lo dice la scienza, che mostra come diversi elementi siano parte fondante sia dello stare bene che del lavorare in modo produttivo: attività fisica, nutrizione, sonno e riposo, energia mentale e salute generale.
Hintsa fa un esempio molto semplice: la privazione del sonno, che influenza tutti gli aspetti della vita, dall’intelligenza emotiva, alla creatività, alle abilità di risoluzione dei problemi complessi. E la sfida più grande della privazione del sonno, è che con il tempo ci si abitua, diventa normale conviverci e operare in condizioni subottimali.
Data quindi l’importanza del proprio benessere, perché molte persone sono così restie a prendersi un momento di pausa per prendersi cura di loro stessi? Hintsa spiega che spesso si è accecati, e l’unico modo per accorgersi che il proprio stile di vita non è più sostenibile è toccare il fondo. Molti devono raggiungere uno stato di burnout per realizzare che qualcosa non va. Le ragioni di questa miopia sono varie:

  1. Molto spesso queste persone sono talmente concentrate da non notare i segnali di allarme che il loro corpo manda. Il primo passo sarebbe quindi sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio stato.
  2. L’identità fornisce un grande deterrente. Molte persone si identificano totalmente con il loro lavoro, e a nessuno piace rinunciare alla propria identità. A tal riguardo, Hintsa afferma che il termine work-life balance è desueto e inappropriato, perché contrappone il lavoro alla vita, quando in realtà la vita è una e il lavoro è parte integrante di essa.  Per essere più resilienti è importante non basare la propria identità unicamente sul lavoro, è importante avere altre elementi con cui identificarsi.
  3. Il benessere è difficile da quantificare. Essendo intangibile è visto come una serie di “cose” da fare, d’intralcio con il resto della to-do list, e quindi relegate alla fine, private dell’attenzione che meriterebbero.
  4. In fine, lo stigma che si è sviluppato sull’argomento. Affermare di avere bisogno di una pausa per il proprio benessere è motivo di vergogna. È visto come una debolezza, ma non lo è. Bisognerebbe rivedere tale concezione, a partire dalla leadership. Il 96% di coloro che hanno sintomi di burnout non vogliono condividere la loro condizione con la loro famiglia, e ancora meno con capo e colleghi. I leader possono fare la differenza in questo, creando un ambiente psicologicamente sicuro che favorisca l’apertura.

L’importanza del benessere è accentuata dalla situazione pandemica che stiamo vivendo. Il Covid-19 ha avuto un impatto devastante sulla salute mentale delle persone, sfociando in depressione o altri problemi comportamentali. È quindi fondamentale prendere provvedimenti.
Le organizzazioni non possono essere in modalità iperattiva tutto il tempo. Esattamente come per gli atleti, non possono lavorare ad alta intensità in modo continuativo. Persone e team non possono performare ininterrottamente e al massimo delle loro forze, esattamente come gli atleti, hanno bisogno di alternare momenti di concentrazione e impegno ad altri di riposo e relax.

Leggi l’intervista completa di Annastiina Hintsa, condotta da Jan Ascher, Fleur Tonies su www.mckinsey.com